Sono figlia di un imprenditore e mio padre a 14 anni mi ha regalato il libro “Come si legge il sole 24 ore“ perché lo studiassi e l’ho fatto in un tempo acerbo e con grandi sforzi. Mi sono fatta le ossa in azienda e durante le estati della mia giovinezza ho passato più tempo con i mediatori di Borsa, che con i miei amici. Quando sono diventata avvocato, ho iniziato quasi subito ad occuparmi di diritto bancario e dell’intermediazione finanziaria. Per tali ragioni avrei dovuto essere un “mostro“ nel rapporto con il denaro e non avere nessun problema con esso.
Invece non è stato così.
La testa sapeva e sapeva molto ed era fluida e potente, ma “la pancia” no. La pancia diceva tutta un’altra cosa e quando dovevo prendere decisioni non comandava certo la testa ma la pancia.
Perché non riuscivo a gestire quella cosa che nella mia testa era quasi banale?
Perché dentro di me avevo paura del denaro e avevo un rapporto di odio e amore con esso e con quello con il quale mi permettevo di entrare in relazione attraverso di esso?
Nella mia vita ho affrontato prove che le mie amiche hanno sempre definito “epiche” ma non riuscivo a sbloccare questa cosa che nella mia testa non rappresentava un problema ma che lo era nella vita quotidiana.
Le prove da affrontare sono iniziate presto per me. La prima è arrivata a 7 anni ed è stata una di quelle diaboliche, una di quelle che ti rubano l’innocenza, l’identità e il sogno.
La sera di quel pomeriggio nel quale questa è accaduta ho preso il mio zainetto di scuola, ci ho messo alcune cose che ritenevo necessarie tipo la bambola che mi aveva fatto a mano mia nonna e ho detto ai miei genitori solo che volevo andare via di casa, senza dirgli nulla di quello che era accaduto perché sapevo che non avrebbero retto il colpo, non volevo farli soffrire. Quando sono uscita di casa era buio e intorno a me c’era la campagna. Sono arrivata in cima al viale e sono tornata indietro, senza dire nulla.
Al mio rientro nessuno dei due adulti ha compreso, anzi. Da quel momento in poi è iniziata la sassaiola nei miei confronti che non ha mai avuto fine, neppure 35 anni dopo quando hanno saputo, per caso, la verità perché da quel momento in poi io sono sempre stata quella sbagliata, quella ingrata, quella ribelle, quella da raddrizzare.
Ho rincorso l’amore di mio padre per tutta la vita, la vicinanza di mia madre per lo stesso tempo senza mai raggiungerli.
Nel corso del tempo non sono mai stata vista da chi doveva vedermi, non sono stata riconosciuta da chi doveva riconoscermi, non sono mai stata accolta da chi doveva accogliermi, non sono mai stata abbracciata da chi doveva abbracciarmi, non sono mai stata protetta da chi doveva proteggermi, non mi sono mai sentita un dono, sono sempre stata sminuita in ogni espressione di me, mi sono sentita sola, impaurita, braccata. Mi sono “regalata“ due tumori e una totale assenza di gusto e olfatto per oltre 15 anni.
Ho attirato qualsiasi tipo di violenza che una donna può subire, perché alla fine quello era sempre stato il mio mondo e la mia realtà però sapevo che se quella era la parte negativa, doveva per forza esserci quella positiva, è la regola degli equilibri. Non mi era stata cucita addosso la lettera scarlatta, dovevo cercare la via d’uscita.
Sono sempre stata realmente affascinata dalla psicologia e dallo specchio perché sapevo che nella mia immagine riflessa c’era il problema e anche la soluzione. Dovevo cercare la soluzione e la via d’uscita.
Ho cercato, studiato, tutto quello che sentivo di dover fare o studiare dalla psicologia cognitiva, a quella quantistica, dalla PNL a tutti i corsi tradizionali e “strani” di risveglio e consapevolezza personale che ho scovato, dalle costellazioni familiari a moltissime forme di meditazione.
Ho praticato e studiato Aikido, con un anziano maestro tedesco che assomigliava, per ironia della sorte, a quello di Karatè Kid per acquisire il mio controllo mentale e le dinamiche delle forze e delle leve.
Mi sono interessata studiandolo al Buddhismo, allo sciamanesimo, all’alchimia, alle regressioni ipnotiche e un a sacco di altre cose difficili da inquadrare.
Mi sono sottoposta a spartane prove di coraggio, forza e resistenza per rendermi conto che potevo superare me stessa.
Ho fatto indigestione di libri, corsi, esperienze e alla fine sono uscita e ho compreso cosa mi bloccava nel mio rapporto con il denaro.
La risposta non è stata immediata, ma è arrivata con il tempo dopo essermi imbattuta nella Finanza Comportamentale, un ramo della finanza che unisce aspetti della psicologia cognitiva a teorie finanziarie in senso stretto, nata negli anni 50 e sviluppata negli anni ‘70 da due professori di psicologia Amos Tversky e Daniel Kahneman che nel 2002, insieme a Veron Smith, ha vinto il premio Nobel per l’economia per i suoi studi pionieristici in tale ambito.
In estrema sintesi la Finanza Comportamentale spiega e dimostra come gli individui, in relazione al denaro, non agiscono secondo i principi economici razionali proposti dalla teoria classica, che vede le persone come soggetti sempre e perfettamente razionali ma che sono influenzati da altre tipologie di variabili quali le esperienze passate, le credenze, il contesto, le informazioni che hanno acquisito nel corso della loro esistenza, l’incompletezza informativa frequente nei contesti reali.
Bene, ma non risolveva completamente il problema. Troppo generico per me, mi sono chiesta quali esperienze, quali credenze influiscono nel nostro rapporto con il denaro.
Quale è il collegamento tra le due cose.
Poi la svolta.
“Ciò che è in basso è come ciò che è in alto
e ciò che è in alto è come ciò che è in basso,
per le meraviglie di una unica cosa”.
(Tavola Smeraldina)
In questo caso traducibile per me “i nostri pensieri e le nostre azioni sono condizionate dalle nostre emozioni e dai nostri programmi mentali, noi agiamo in base alle informazioni che abbiamo accumulato nel corso della nostra vita e ugualmente le nostre emozioni e programmi mentali condizionano i nostri pensieri e le nostre azioni”.
Non c’è separazione neppure all’interno di noi stessi tra quello sentiamo e quello che facciamo.
Nel momento in cui acquisiamo una “informazione“ su noi stessi e non la mettiamo in discussione questa entra nel nostro inconscio, stabilizzandosi come programma mentale automatico prendendo il pieno controllo.
Non è quello che pensiamo ma quello che sentiamo a muovere le nostre azioni o per dirla diversamente non è la testa ma la pancia.
Ho compreso inoltre che in base al principio della risonanza, nel caso del denaro non ogni programma mentale entra in relazione con esso ma solo quelli relativi al nostro valore personale, al valore che nel tempo abbiamo assegnato a noi stessi costruito sulla base di “informazioni”, ricordi, emozioni.
Il valore personale percepito è una macro area nella quale rientra il valore di noi stessi in termini di affettività, di identità, di possibilità, di riconoscimento familiare e sociale ed è con questo che entriamo in relazione con il valore esterno.
Perché il valore personale che è una cosa così “impalpabile” entra in relazione con qualcosa di solo così apparentemente “materiale”?
Perché alla base del concetto di denaro c’è un concetto “impalpabile“ di valore e di vita, di sopravvivenza e di espressione di se’ stessi.
Quanto al primo aspetto, basta semplicemente pensare che le banconote che abbiamo nel portafoglio non hanno materialmente il valore corrispondente a quello indicato, sono fogli di carta che valgono quanto il valore indicato dallo Stato. Sappiamo quindi che il primo contatto con il valore esterno è un atto legato ad una “percezione“ di valore e siccome il programma mentale ci permette di entrare in relazione solo con il valore che percepisce adeguato a se’, noi entreremo in relazione all’esterno solo con il valore corrispondente.
Oltre al rapporto con il denaro, ristabilire un adeguato valore di noi stesse, ha un’altra importante e automatica conseguenza, ovvero quella che non saremo più disposte a “ricevere” dall’esterno nulla che non sia adeguato al nostro valore…ed è chiaro a cosa mi riferisco.
Sarà automatico rifiutare come lo era prima accettare.
Siamo esseri complessi ma funzioniamo in modo semplice.
All’inizio mi sembrava una cosa strana da spiegare e troppo distante dalle teorie e dagli approcci classici, poi ho iniziato a farlo e sono stata inserita nella lista delle 1000 donne che stanno cambiando l’Italia.
www.https://startupitalia.eu/unstoppablewomen
Così, dopo molta resistenza legata alla riservatezza del mio carattere, ho deciso che dovevo condividere quello che avevo scoperto, perché il mio piombo trasformato in oro potesse essere usato per altre trasmutazioni e perché la mia storia è il simbolo che ognuna di noi può e deve farcela.
Lo deve a se stessa, a chi l’ha preceduta e a chi verrà dopo di lei.